Le possibili modifiche alla Transazione Fiscale negli Accordi di Ristrutturazione dei debiti

Le possibili modifiche alla Transazione Fiscale negli Accordi di Ristrutturazione dei debiti

SPECIALE DI APPROFONDIMENTO SCIENTIFICO

N. 14

DLM Digital@b MIA Centro di Ricerca e Studi Avanzati per l’Innovazione e la Digitalizzazione

Lo schema di decreto correttivo del Codice della Crisi e dell’Insolvenza datato 17 aprile 2023 prevede, oltre al resto, rilevanti modifiche di natura fiscale all’interno dei vari Strumenti di Regolazione della Crisi che di seguito si riepilogano:
(i) la possibilità di falcidiare anche nella composizione negoziata tutti i debiti tributari (inclusi sia quelli relativi propriamente ai tributi erariali e non solo agli accessori, sia quelli nei confronti degli enti pubblici territoriali, cioè di comuni, province e regioni, per tributi e accessori) e contributivi;
(ii) la transazione fiscale nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti;
(iii) la transazione fiscale nell’ambito del concordato preventivo in continuità.
Nel proseguo del presente contributo verranno trattate le possibili modifiche e/o integrazioni inerenti alla transazione fiscale all’interno dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 63 Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (per brevità anche solo “CCII”).
A parere dello scrivente, prima di illustrare le modifiche già menzionate occorre chiarire cosa si intende per Transazione Fiscale; quest’ultima infatti è un istituto che consente al debitore, nell’ambito di un accordo di ristrutturazione o nel concordato preventivo, di proporre il pagamento parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali.
La proposta avanzata del debitore deve essere attestata da un Professionista Indipendente, ovvero l’Attestatore, il quale oltre ad attestare la veridicità del dato contabile e la fattibilità del Piano di Risanamento, deve esprimersi sulla convenienza per l’Amministrazione Finanziaria del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale (ex. Fallimento) dell’impresa.
Svolta questa breve ma doverosa premessa, di seguito un sintetico delle possibili modifiche che l’istituto in parola potrà subire:
1. l’estensione della transazione ai crediti tributari degli enti pubblici territoriali (e.g. IMU, TARI);
2. la modifica del comma 2 dell’art. 63 CCII e l’inserimento del comma 2-bis;
3. la rivisitazione del c.d. “cram down” con l’inserimento dei commi 2-ter e 2-quater;
4. la disciplina delle misure di protezione sul patrimonio c.d. “automatic stay”.
1. Sui crediti tributari degli enti pubblici territoriali
In base alla legge attualmente vigente tali tributi non rientrano nel campo di applicazione della transazione fiscale per tale motivo il decreto correttivo ne prevede una estensione.
L’opportunità di questo intervento legislativo è di palmare evidenza: sarebbe infatti illogico imporre al debitore il pagamento integrale dei tributi locali, i quali nell’ordine delle cause legittime di prelazione godono di un rango inferiore rispetto ai crediti erariali i quali invece possono subire la falcidia concorsuale.
Pertanto, il nuovo comma 1 dell’art. 63 CCII, all’interno del decreto correttivo, risulta così normato: “… il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici territoriali…”
2. La modifica del comma 2 dell’art. 63 CCII e l’inserimento del comma 2-bis
All’interno del codice correttivo è presente la modifica del comma 2 dell’art. 63 CCII nonché l’inserimento di un nuovo comma, 2-bis.
Procedendo con ordine, all’interno del comma 2 viene richiamato l’art. 88 comma 3, secondo e terzo periodo ovvero le norme in tema di transazione fiscale all’interno del concordato preventivo. Per effetto di tale richiamo dunque: “L’agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione [della proposta di transazione], deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità̀ del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso.”; non solo, infatti :“Gli uffici [fiscali], nello stesso termine, devono procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità̀, unitamente a una certificazione attestante l’entità̀ del debito derivante da atti di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all’agente della riscossione.”;
Ancora, sempre all’interno del comma 2 del summenzionato articolo è previsto che: “Nei casi in cui l’adesione alla proposta di transazione abbia ad oggetto tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e preveda una falcidia del debito originario, comprensivo dei relativi accessori, superiore alla percentuale e all’importo definiti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, l’adesione è espressa su parere conforme dalla struttura centrale individuata con il medesimo provvedimento”
Infine, il nuovo comma 2-bis, stabilisce con chiarezza il momento in cui il debitore potrà chiedere l’omologazione degli accordi con annessa transazione fiscale innanzi al Tribunale Competente e pertanto: “La richiesta di omologazione è proposta una volta ottenuta l’adesione o, in difetto, decorso il termine di cui al comma 2, ultimo periodo [90 giorni].Il debitore avvisa dell’iscrizione della domanda nel registro delle imprese l’amministrazione finanziaria, gli enti territoriali e gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante, a mezzo posta elettronica certificata. Per l’amministrazione finanziaria, gli enti territoriali e gli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, il termine per l’opposizione di cui all’articolo 48, comma 4, decorre dalla ricezione dell’avviso.”
3. Sul “cram down”
L’omologazione forzosa – da parte del Tribunale adito – della proposta di Transazione Fiscale risulta un tema alquanto delicato; se da un lato infatti, il nuovo codice della crisi è orientato alla salvaguardia della continuità aziendale nonché alla conservazione dei livelli occupazionali, dall’altro non si può negare come il predetto principio del salvataggio “whatever it takes” abbia pregiudicato, e non poco, le ragioni creditorie dello Stato.
Per tale motivo, è in animo una stretta del c.d. “cram down” onde evitare abusi nell’utilizzo dello strumento; sulla scorta di tali presupposti il nuovo comma 2-ter dell’art. 63 recita quanto segue: “Il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione, che comprende anche il rigetto, da parte dell’amministrazione finanziaria, degli enti territoriali o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni, oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale:
a) l’accordo ha carattere non liquidatorio ai sensi dell’articolo 61, comma 2, lettera b);
b) l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli articoli 57, comma 1, e 60, comma 1;
c) il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione è pari ad almeno un quarto dell’importo complessivo dei crediti;
d) la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione finanziaria o dei predetti enti, tenuto conto delle risultanze della relazione del professionista indipendente, è conveniente rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale alla data della proposta;
e) il soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è almeno pari al 30 per cento dell’ammontare dei crediti di ciascun ente creditore, inclusi sanzioni e interessi.”
Ancora più rigido per l’imprenditore in Crisi risulta il comma 2-quater dell’art. 63 CCII in forza del quale: “Se l’ammontare complessivo dei crediti vantati dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione è inferiore a un quarto dell’importo complessivo dei crediti, la disposizione di cui al comma 2-ter può trovare applicazione, fatto salvo il rispetto delle condizioni di cui alle lettere a), b) e d) del medesimo comma 2-ter, se la percentuale di soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie non è inferiore al 40 per cento dell’ammontare dei rispettivi crediti, inclusi sanzioni e interessi, e la dilazione di pagamento richiesta non eccede il periodo di dieci anni, fermo restando il pagamento dei relativi interessi di dilazione in base al tasso legale vigente nel corso di tale periodo”.
4. Sull’automatic stay
Come noto, il Legislatore ha voluto imprimere un cambio radicale in punto di misure di protezione sul patrimonio del debitore in crisi mettendo la parola “fine” al c.d. “automatic stay” ovvero quei meccanismi che, nell’ambito del previgente sistema normativo, facevano conseguire la protezione automatica del patrimonio del debitore alla semplice presentazione della domanda di accesso alla procedura concorsuale prescelta.
Infatti, ai sensi degli articoli 54 e 55 CCII vengono normate le misure cautelari e protettive del patrimonio che possono essere richieste dall’imprenditore all’interno degli Strumenti di regolazione della Crisi, le quali oggi però richiedono una espressa conferma sulla loro opportunità da parte Tribunale adito tanto è vero che gli operatori del settore tendono a parlare di “semi automatic stay”.
Svolta questa breve premessa, occorre illustrare come il Legislatore, con una scelta che pare alquanto conservativa, inserisce nuovamente una sorta di “automatic stay” all’interno del nuovo comma 3-bis dove viene precisato che: “Fermo quanto previsto dall’articolo 54, nei novanta giorni successivi al deposito della proposta di transazione le agenzie fiscali e gli enti indicati nel comma 1, non possono avviare o proseguire azioni esecutive e cautelari relative ai crediti oggetto di tale proposta. Per il medesimo periodo non trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1993, n. 602, relativamente ai crediti oggetto della proposta e il mancato pagamento degli stessi non costituisce irregolarità fiscale ai fini delle disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36.”.
Tale scelta legislativa, potrebbe risultare molto utile per l’imprenditore in Crisi, il quale potrebbe beneficiare dell’esenzione delle azioni esecutive e cautelari sul patrimonio per tutto l’arco della fase decisionale spettante all’Amministrazione Finanziaria, senza il timore di poter subire azioni in grado di minare la regolare prosecuzione dell’attività caratteristica.
                                                                                                                                                                                                                     A cura dell’Avv. ILARIO SPANO’
                                                                                                                                                               Avvocato del Foro di Milano specializzato in ristrutturazioni                                                                                                                                                                                                  aziendali complesse anche di Società Quotate.
                                                                                                                                                                                                                                                           03/06/2024
   
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