Check-up MI@
CHECK-UP MI@
FOCUS INNOVATION MANAGER
SPECIALE DI APPROFONDIMENTO SCIENTIFICO
N. 03
nell’ambito del progetto “CITY HUB” gestito dall’assessorato alle Attività Economiche del Comune di Catanzaro e DLM Digital@b MIA Centro di Ricerca e Studi Avanzati per l’Innovazione e la Digitalizzazione nella qualità di partner scientifico.
Check-up MI@ ovvero lo strumento che misura lo stato di salute dell’impresa analizzando gli indici di bilancio da tenere d’occhio.
La lettura consapevole dei dati di bilancio è lo strumento migliore che l’imprenditore ha nella sua “cassetta degli attrezzi” per comprendere lo stato di salute della propria impresa. Se nella normalità questo è indubbio, lo è ancora di più nel particolare momento storico che stiamo vivendo.
In questi giorni cominciano ad essere disponibili i primi bilanci 2020 e le imprese hanno la possibilità di verificare su dati inequivocabili l’impatto che il Coronavirus ha avuto sulla propria attività.
Per il Centro Studi DLM un’attenta analisi non può prescindere dalla soluzione di alcuni interrogativi: conosco lo stato di salute della mia impresa? Come ha impattato il COVID 19 sul fatturato? Ho solidi fondamentali di bilancio? Come sto lavorando rispetto alle aziende del mio settore? Come mi vedono i miei fornitori ed i miei clienti? Come mi vedono i c.d. creditori qualificati: Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Agenzia della Riscossione? Come mi vede il sistema del credito? L’accesso al credito ha migliorato la liquidità aziendale o ha portato al sovraindebitamento?
Check-up MI@ oggi può essere considerato uno strumento necessario per le imprese che abbiano necessità di capire quali siano le azioni da mettere in campo. Senza l’analisi della situazione economico-finanziaria e patrimoniale attuale, ogni strategia di ripresa si può rivelare un azzardo.
Attraverso Check-up MI@, è possibile individuare le azioni strategiche più utili e opportune.
Partendo dall’analisi degli ultimi 3 esercizi 2020, 2019 e 2018, gli analisti del Centro Studi esaminano i principali indici di bilancio verificando lo stato di salute aziendale e, attraverso il controllo del merito creditizio, riescono a stilare un’attenta analisi sull’equilibrio economico e finanziario dell’impresa.
Solo con un’attenta ed accurata analisi precedente e con le giuste azioni conseguenti si può provare a competere nel proprio settore e soprattutto prevenire ogni eventuale rifiuto del sistema del credito.
Come si leggono i dati di bilancio?
Il bilancio rappresenta la situazione patrimoniale ed economico-finanziaria di un’impresa in un determinato momento, solitamente coincidente con il termine del periodo amministrativo.
All’interno di un bilancio i dati si presentano suddivisi in due prospetti contabili: lo stato patrimoniale e il conto economico.
Lo stato patrimoniale fotografa il patrimonio della società allo stato attuale, suddiviso nelle sue due principali componenti: le attività e le passività.
Nelle attività rientrano i beni materiali e immateriali in possesso dell’impresa (gli immobili, i macchinari, la strumentazione, ma anche le risorse liquide e crediti verso la clientela); nelle passività i debiti della società, sia di natura finanziaria che i debiti verso i fornitori e altri soggetti quali il fisco e i dipendenti.
La differenza tra l’attivo e il passivo costituisce il patrimonio netto. Se questo è negativo, la società non viene considerata solvibile e i soci saranno chiamati a liquidare la società o a riportare il patrimonio netto nuovamente in positivo con un nuovo versamento di capitale.
Nel conto economico troviamo invece le informazioni su come la società durante il corso dell’anno ha impiegato le risorse disponibili. Anche qui le voci sono suddivise nelle due principali componenti di reddito, i costi e i ricavi; sia quelli derivati dalla gestione caratteristica dell’impresa (ovvero dall’attività di produzione e alla vendita dei prodotti o servizi) che quelli derivanti dalla gestione finanziaria.
La differenza porta a ottenere il risultato di esercizio (l’utile o la perdita del periodo), che confluisce nello stato patrimoniale andando a incrementare o decrementare il patrimonio netto.
Utile e patrimonio netto sono due indicatori fondamentali, ma non bastano a comprendere se l’azienda è sana o a rischio di default.
Per approfondire l’analisi, è necessario osservare l’andamento delle tre principali aree che determinano l’equilibrio economico-finanziario dell’impresa:
- la solvibilità;
- la liquidità;
- la redditività.
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Gli indici di solvibilità
Per finanziare le attività un’impresa può attingere a diverse fonti, interne o esterne. Gli indici di solvibilità forniscono indicazioni sull’utilizzo delle fonti di finanziamento: il capitale di rischio (o capitale proprio), cioè il capitale investito dall’imprenditore o dai soci dell’azienda, e il capitale di terzi, cioè il capitale confluito nell’impresa attraverso la contrazione di debiti con soggetti esterni.
Il ricorso a finanziamenti esterni non è di per sé negativo, ma per evitare il sovraindebitamento il rapporto tra le fonti deve mantenersi equilibrato. L’indice a cui si ricorre principalmente per osservare la proporzione tra le fonti di finanziamento è il leverage.
Questo indice misura l’indebitamento complessivo dell’azienda e può essere calcolato rapportando il totale passività al patrimonio netto (entrambi i valori sono indicati nello stato patrimoniale): se il risultato è pari a 1 l’utilizzo delle fonti è equamente distribuito tra capitale proprio e capitale di terzi, mentre valori superiori a 3 segnalano un forte squilibrio.
Un altro indice frequentemente impiegato nell’analisi di solvibilità è il leverage finanziario, che indica l’indebitamento finanziario dell’azienda (debiti totali finanziari / patrimonio netto). Il leverage finanziario consente di comprendere il grado di dipendenza dell’azienda dalle banche e altri istituti di credito: anche in questo caso, più è alto il valore e più indebitata risulta l’azienda.
Un altro indice di solvibilità che ci consente di capire in quale percentuale il capitale investito nell’attività sia capace di incrementare il fatturato è dato dall’Assets Turnover.
Esso misura il ricavo medio per unità di investimento impiegato nella gestione operativa dell’azienda. Il valore indica quante volte 1 € di capitale impiegato dall’impresa si è trasformato in fatturato per esprimere se l’impresa è dotata di un capitale investito in grado di generare alti livelli di fatturato. Dunque consente sia un apprezzamento sull’entità delle risorse impiegate relativamente al prodotto lordo aziendale, sia un’indicazione circa il livello di efficienza del loro utilizzo.
Assets Turnover: Fatturato(o Ricavi Netti) / Capitale Investito Netto.
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Gli indici di liquidità
Un conto è avere un indebitamento elevato a causa di un prestito appena ricevuto e da restituire nel tempo, un altro è avere i creditori alle porte.
Le passività possono infatti essere composte sia da debiti a medio/lungo termine (passività consolidate) che da debiti breve termine (passività correnti) da saldare entro l’esercizio successivo.
Per pagare questi ultimi l’impresa deve disporre di contante o quantomeno di beni in breve tempo convertibili in contante. Gli indici di liquidità consentono quindi di verificare se l’azienda è in grado di far fronte ai propri debiti a breve termine con le risorse già disponibili o di cui verrà a disporre nei mesi successivi.
Il principale indice utilizzato nell’analisi di liquidità è il current ratio, che misura il rapporto tra le passività correnti e le attività correnti, sotto la cui voce, riportata nello stato patrimoniale, confluiscono le risorse di denaro liquido dell’azienda, le scorte di magazzino e i crediti vantati nei confronti di clienti (oltre ad alcune tipologie di attività finanziarie).
È auspicabile che il valore del rapporto dia un risultato compreso tra 1,5 e 2,5; valori compresi in questo range indicano infatti che l’azienda è in grado recuperare nel breve periodo le risorse necessarie a saldare i propri debiti.
Considerato che molte aziende non hanno magazzino e che vendere i propri prodotti non è sempre facile e immediato, insieme al current ratio si utilizza anche l’Acid Test che calcola il rapporto tra l’attivo ed il passivo corrente escludendo dal primo il valore delle scorte. In questo caso, il risultato ottimale è compreso tra 1 e 2.
L’Acid Test è un indice finanziario che indica il tasso di liquidità di una società misurando il rapporto tra le attività correnti liquide o più facilmente liquidabili e le passività correnti. Esso esprime la capacità di una società di assolvere ai propri obblighi a breve termine utilizzando risorse liquide o che si possono liquidare in breve tempo (cassa, crediti commerciali, ecc.), escluse le rimanenze. Costituisce uno degli indici più diffusi nell’analisi finanziaria per valutare le condizioni di liquidità di una società e la sua salute finanziaria nel breve periodo. Invero, disporre di sufficienti risorse immediatamente spendibili (liquide) permette alla società di svolgere regolarmente la propria attività, senza rischi di incorrere in crisi di liquidità legate all’ impossibilità o alla difficoltà di smobilizzare delle risorse in modo repentino per far fronte alle obbligazioni in scadenza.
Più il valore dell’Acid Test è alto, più florida risulta la situazione della liquidità societaria.
Acid test: Totale attività Correnti – Rimanenze / Totale Passività Correnti
In questo l’Acid Test si distingue dal Current ratio, altro importante indice di liquidità, che invece prende in considerazione indistintamente tutte le attività correnti.
I valori che può assumere l’indice di liquidità sono i seguenti:
- Acid Test ≥ 1: la società appare in ottimo stato di salute finanziaria e in grado di far fronte alle prossime uscite senza problemi;
- Acid Test = 1: la situazione finanziaria della società appare buona in quanto le entrate correnti e più liquide sono sufficienti a coprire le uscite correnti;
- Acid Test ≤ 1: la situazione finanziaria della società è critica in quanto le entrate correnti facilmente liquidabili non risultano sufficienti a coprire le uscite correnti. La società è a rischio di crisi di liquidità.
Curiosità:
Il nome inglese dell’indice si riferisce al periodo della corsa all’oro. A quel tempo i cercatori d’oro erano soliti sottoporre gli ovuli d’oro che rinvenivano nelle miniere o nei corsi dei fiumi alla prova dell’acido. Essendo l’oro inattaccabile da qualsiasi acido, non avrebbe perso la propria brillantezza a seguito del test. Al contrario, se il materiale reperito fosse risultato opaco si poteva ragionevolmente supporre che non fosse puro.
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Gli indici di redditività
Gli indici di redditività misurano la capacità di un’impresa di generare profitto sul capitale investito. Esistono svariati indici e diversi metodi per misurare la redditività, ma in particolare sono tre quelli più ampiamente diffusi: il ROI, il ROA ed il ROE.
Il ROI, acronimo dell’inglese Return on Investment, misura il margine di rendimento di un determinato investimento. Esistono diverse formule per calcolare il ROI, una delle quali è il rapporto tra il Margine Operativo Netto, la voce del conto economico che esprime il margine di guadagno che l’azienda trae dalla sola vendita dei propri prodotti/servizi, e il Totale Attivo, che indica la somma del capitale investito nell’azienda. Non esiste un valore di riferimento per valutare se il margine di guadagno sull’investimento è soddisfacente, poiché molto dipende dalla media del settore e dal Paese in cui opera l’azienda. Certamente, tuttavia, più alto è il margine, più fruttuoso è stato l’investimento.
Analogamente, il ROE (Return on Equity) esprime il margine di guadagno dei soci che hanno investito del capitale proprio nell’azienda. Il ROE si calcola dividendo l’utile per il patrimonio netto dell’azienda, ovvero si valuta la percentuale di profitto realizzato dalla società servendosi dei soli mezzi di finanziamento propri. Anche in questo caso il risultato deve essere rapportato ai valori emersi dal confronto settoriale del Paese. Con un’eccezione: nel caso in cui l’azienda non avesse generato utili, ma al contrario fosse andata incontro a perdite, il valore dell’indice sarebbe negativo a prescindere.
Il ROA, acronimo dell’inglese Return on assets, misura la redditività del capitale investito da un’impresa. Esso, come gli altri 2 indici (ROE e ROI), fa parte della famiglia di indicatori che misurano la redditività ma in particolare misura il rendimento in percentuale conseguito dagli investimenti aziendali.
É dato dal rapporto tra utile netto e totale dell’attivo.
Un altro dato da prendere in considerazione nel conto economico per conoscere il reale andamento dell’attività tipica di un’impresa è il MOL margine operativo lordo, che è dato dalla differenza tra il valore della produzione e i costi della produzione.
Check-up MI@ verifica se gli indici della tua impresa sono nella norma attraverso una scala di colore che va dal rosso al verde e consente di rilevare in pochi secondi quali sono le aree che necessitano di intervento.
A cura di Alfredo Campagna
Innovation Manager
21/05/2021
Scarica qui l’approfondimento completo.
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